Storytelling Festival 2025: dove le storie parlano la lingua della Gen Z
Storytelling Festival 2025: dove le storie parlano la lingua della Gen Z
Tempo di lettura: 4 min
In un’epoca in cui scrolliamo contenuti più di quanto ascoltiamo le persone, ha ancora senso parlare di storytelling?
A ricordarcelo è stata l’ottava edizione dello Storytelling Festival, che il 24 e 25 ottobre 2025 ha riunito al Teatro Niccolò Piccinni di Bari professionistɜ, creator e comunicatorɜ per esplorare il futuro della narrazione tra intelligenza artificiale, branding e cultura visiva.
Organizzato da La Content Agency, il festival ha confermato una cosa semplice ma fondamentale: raccontare storie resta un atto profondamente umano.
E noi di HappyMinds eravamo lì per ascoltare, confrontarci, riportare a casa nuove ispirazioni per i nostri progetti creativi e — perché no — anche per incontrare, conoscere e fare un po’ di sano networking.
👋 Ciao, sono Giada
Sono Giada, Junior Marketing & Communication Assistant di HappyMinds, e vorrei raccontarti il mio Storytelling Festival.
Prima di tutto, un grazie speciale a Cristiano Carriero per aver invitato il team di HappyMinds come ospite al Festival, grazie anche alla collaborazione nata a giugno in occasione dei Flamingo Talks di HappyMinds (vuoi saperne di più? Guarda qui.).
Non ti racconterò l’evento minuto per minuto: se sei arrivatə su questo blog, probabilmente sai già di cosa si tratta.
E se invece non lo conosci… beh, clicca qui e scopri tutto.
Quello che invece voglio raccontare è come questo festival sia riuscito a parlare a tre generazioni diverse: dalla Gen X, passando per i Millennials fino alla Gen Z (quella misteriosa che “nessuno capisce”). E lo so perché… IO C’ERO!
Va bene, facciamo le presentazioni come si deve:
👋 Ciao, sono Giada, ho 21 anni, faccio parte del team di HappyMinds e sì, appartengo a quella generazione che gli altri chiamano “illuminati digitali” (quando va bene) o “pigroni seriali” (quando va male): la temutissima GEN Z.
Una generazione che vive costantemente online, ma che ha ancora voglia di connessioni vere.
E non lo dico solo io: lo dicono i dati.
La Gen Z sta attraversando una vera e propria epidemia di solitudine.
Forse è per questo che cerchiamo nuovi spazi, nuovi stimoli, nuove persone da ascoltare (davvero). Ecco, in queste 72 ore allo Storytelling Festival di Bari, io ho trovato proprio quello spazio.
Tra parole, storie e visioni del futuro. Un festival capace di parlare a tutti, anche a noi.


Creatività umana vs AI
Tra gli interventi più intensi, quello di Annamaria Testa ha riportato la creatività al centro del discorso sull’innovazione.
Ha ricordato che non è un dono raro, ma una capacità che si coltiva, fatta di curiosità, tentativi, errori, intuizioni. E soprattutto, che la creatività è un negoziato con le regole: le conosci, le capisci, e poi le rompi con senso.
Mi ha colpito quando ha detto che la nostra mente più impara e conosce e più può inventare. Un pensiero semplice, ma rivoluzionario in un mondo dove l’AI sembra sapere tutto, ma non sente nulla.
La tecnologia può imitare, ma solo noi possiamo dare significato. E questo, per chi come me lavora nel marketing, è un promemoria potente: l’innovazione non serve a sostituire le persone, ma a liberarle dal rumore per tornare a creare davvero.
Le parole come scelta etica
Con Valentina Di Michele, si è parlato di microcopy, ma anche di responsabilità.
Ogni parola online — ogni clicca, scopri, prenota — è una scelta cognitiva che orienta o influenza. E dietro ogni messaggio, c’è un atto di fiducia.
Viviamo in una costante guerra di attenzione: notifiche, alert, suggerimenti personalizzati. Tuttɜ ci parlano, pochi ci ascoltano.
E allora il futuro della comunicazione non è convincere, ma comunicare con trasparenza, restituendo spazio e libertà alle persone.
Per me, che sono cresciuta tra feed e algoritmi, questa è la vera rivoluzione: scegliere parole che rispettano chi legge.
Visual come cura
Durante il loro intervento le Slide Queen hanno mostrato come il visual storytelling non sia solo estetica, ma cura.
In un mondo di muri di testo e slide urlate, il visual può riportare chiarezza, calma e comprensione.
Un visual ben fatto è inclusivo: unisce, semplifica, crea ponti.
A confermarlo, una ricerca del Digital Marketing Institute (2024): i contenuti visuali generano un engagement superiore del 45% rispetto ai post testuali.
E in un’epoca dove i team lavorano ibridi tra fisico e digitale, avere un linguaggio visivo condiviso significa capirsi meglio e più in fretta.
Storytelling senza schermi
Uno dei momenti più emozionanti, per me, è stato il laboratorio di FABA. Abbiamo chiuso gli occhi e ascoltato una storia, senza immagini, senza distrazioni.
Alla fine, guidatɜ da Matteo Fabbrini e Chiara Gava, ognunə di noi ha disegnato ciò che aveva immaginato: risultati diversi, ma simboli comuni.
È stato un piccolo esperimento di empatia e immaginazione.
In un mondo che ci chiede di essere sempre connessɜ , imparare ad ascoltare è l’atto più rivoluzionario.
Per noi Gen Z, abituatɜ a vivere attraverso uno schermo, è stata una lezione preziosa: il digitale è utile solo se crea connessioni reali.
Autenticità, tempo e benessere
Infine Pablo Trincia e Cristiano Carriero hanno ricordato che raccontare storie non è una performance: è un incontro.
“Per essere narratore, devi prima essere ascoltatore.”
Serve ascoltare prima di parlare, sentire prima di scrivere.
E serve rispettare il tempo, anche quello libero, perché la creatività nasce solo quando la mente può respirare.
Quando ascoltiamo, il cervello lavora con le immagini del nostro passato: ricordi, simboli, figure.
Una buona storia regala sempre qualcosa: un suono, un colpo di scena, un’emozione.
Un piccolo premio per chi resta ad ascoltare.
Perché il pubblico di oggi anticipa, intuisce, comprende.
E sorprenderlo significa rompere gli schemi, saltare nel tempo, cambiare prospettiva.
Raccontare è un atto fisico prima che verbale: voce, silenzio, gesto. È incontro, non performance.
E per chi vuole comunicare, il consiglio di Trincia resta:
“Costruitevi il vostro mondo. Forse all’inizio non piacerà a tuttə, ma se restate coerenti, prima o poi qualcuno vi ascolterà.”
Alle nuove generazioni importano le storie
Dallo Storytelling Festival 2025 arriva un messaggio chiaro: la comunicazione non è solo un mestiere, ma un modo di vivere il mondo. Un equilibrio tra strategia e umanità, tra ciò che progettiamo e ciò che sentiamo.
Le nuove generazioni — Gen Z e Gen Alpha — lo confermano ogni giorno: cercano brand e contenuti autentici, storie che li rappresentino, esperienze e valori in cui riconoscersi. Non vogliono pubblicità patinate, ma narrazioni sincere che costruiscano fiducia e connessione.
Le ricerche lo dicono chiaro: chi utilizza storytelling strategico registra aumento delle conversioni e fidelizzazione (Fonte), e il confine tra creatività e tecnologia diventa sempre più sottile con l’avvento della Generative AI.
Ma quello che conta davvero è il significato che diamo alle storie, quello che ci fa sentire parte di qualcosa di reale.
Quando sono uscita dal teatro, mi sono chiesta se stiamo davvero ascoltando quello che ci accade intorno.
Forse il compito di chi appartiene a una generazione che cambia così velocemente è proprio questo: continuare a comunicare con autenticità.
Perché, in fondo, il segreto non è trovare le parole giuste, ma ascoltare quelle che ci circondano ogni giorno.
Noi di HappyMinds ci crediamo: ogni brand, ogni persona, ogni generazione ha una storia che merita di essere sentita, vissuta, raccontata.
Se vuoi iniziare a scriverla, il momento è adesso.
Noi non vediamo l’ora di leggerla. E magari di trasformarla insieme in un progetto di successo! 🦩 Scrivici (puoi usare il modulo proprio qui sotto 😊).


