Workation: quando il lavoro viaggia con te fino a Buenos Aires
C’è un luogo, su Avenida Santa Fe 1860, che da anni ha smesso di recitare ma non di raccontare. L’Ateneo Grand Splendid è un ex teatro trasformato in libreria: il palcoscenico è diventato una caffetteria, le logge sono ora scaffali. L’atmosfera è sospesa, quasi sacra.
Ho trascorso molte delle mie giornate porteñe in quel luogo, con il computer su un tavolino di legno mentre il profumo del caffè si mescolava al brusio rispettoso dei lettori e delle lettrici. Ed è qui che, a undicimila chilometri da casa, ho capito con chiarezza il valore di un approccio al lavoro che non separa vita e professione, ma li fa dialogare: il workation.
Come designer e illustratrice di HappyMinds, sono felice di lavorare in un’agenzia che crede profondamente nella curiosità come strumento di crescita e nella fiducia come base per sperimentare nuove modalità di lavoro. Sono alcuni dei valori che ispirano la nostra agenzia, ogni giorno. Scoprili tutti e 21 nel nostro HappinessManifesto.
Cos’è la workation?
La parola workation nasce dall’unione di work (lavoro) e vacation (vacanza) e identifica la possibilità di svolgere la propria attività in remoto, in un luogo diverso da quello abituale, spesso in contesti piacevoli o turistici.
Quando la mansione lo consente, diventa un’opportunità per cambiare ritmo, respirare un’altra cultura e sentirsi parte di un luogo, continuando allo stesso tempo a coltivare la propria professione.


Workation: un fenomeno misurabile
In Italia la pratica di integrare lavoro e vacanza è oggi un fenomeno in crescita e misurabile, non più una semplice suggestione.
Secondo i dati ISTAT sulla domanda turistica, nel 2022 circa il 9,7 % degli occupati che ha effettuato almeno una vacanza ha svolto attività lavorativa dalla località di soggiorno, con una maggiore incidenza tra i laureati e una quota leggermente superiore tra gli uomini.
La tendenza è confermata anche da ricerche più recenti: l’Osservatorio Travel Innovation rileva che circa il 15 % dei viaggiatori italiani nel 2024 ha lavorato almeno una volta da una località di vacanza, mentre quasi il 70 % delle aziende ha introdotto forme di lavoro flessibile che includono modalità di blended travel o work from anywhere.
Accanto ai comportamenti già consolidati, cresce anche l’interesse verso questo modello. Secondo l’Osservatorio EY Future Travel Behaviours, quasi il 48 % degli italiani dichiara di essere interessato a combinare vacanza e lavoro nei propri viaggi, con una propensione particolarmente forte tra Millennials e Gen Z.
Anche a livello internazionale il fenomeno è sempre più riconoscibile: il Barometro “Work From Anywhere” di IWG colloca città italiane come Roma tra le mete più apprezzate per il workation nel 2025, rafforzando il ruolo dell’Italia come destinazione attrattiva per chi lavora in mobilità.
Questi dati raccontano una trasformazione già in atto. Ma per comprenderla davvero, è necessario interrogarsi sulle ragioni profonde che spingono sempre più persone a cercare forme di lavoro itinerante.
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Da dove nasce e il confronto con lo smart working
Il bisogno di workation nasce da una frizione sempre più evidente tra la flessibilità del lavoro e contesti che spesso restano rigidi, standardizzati o poco stimolanti.
Negli ultimi anni molte persone hanno scoperto di poter lavorare da remoto, ma non necessariamente di lavorare meglio: la possibilità tecnica di spostarsi non sempre coincide con ambienti capaci di favorire concentrazione, creatività, equilibrio tra vita e lavoro e qualità delle relazioni.
La workation emerge proprio in questo spazio come risposta a un bisogno di cambio di prospettiva, di ritmi più sostenibili e di contesti che non siano semplicemente funzionali, ma capaci di incidere sul modo di pensare, osservare e progettare.
Ma come ogni trasformazione porta con sé anche delle sfide: il rischio di non riuscire a staccare resta concreto, così come quello di confondere tempi di lavoro e tempi di riposo, soprattutto quando i confini spaziali diventano più fluidi. Per questo è fondamentale ricordare che la workation non sostituisce le vacanze e che, se ben progettata e organizzata, può diventare un equilibrio consapevole tra concentrazione e leggerezza, produttività e qualità della vita.
È a questo punto che diventa importante distinguere tra smart working e workation, due concetti spesso sovrapposti ma profondamente diversi: lo smart working riguarda principalmente l’organizzazione del lavoro — flessibilità di orari, autonomia operativa, possibilità di lavorare da remoto rispetto a una sede fisica — mentre la workation introduce un ulteriore livello, il ruolo attivo del contesto.
Nella workation il luogo non è neutro né casuale: è scelto, vissuto e integrato nella quotidianità lavorativa, e il territorio, i ritmi, le relazioni e l’esperienza diventano parte del processo creativo e decisionale, influenzando il modo in cui si affrontano i problemi e si costruiscono le soluzioni.
Se lo smart working risponde alla domanda:
«Da dove posso lavorare?»
La workation risponde a una domanda più profonda:
«Che cosa succede al mio lavoro quando cambio contesto?»
La contaminazione culturale come motore della creatività
Cosa rende una destinazione adatta alla workation
La workation funziona davvero quando il luogo non è solo uno sfondo, ma un ecosistema complesso, capace di incidere sul lavoro quotidiano.
Vivere per un periodo in una città diversa dalla propria non significa disconnettersi, ma immergersi in un contesto più ampio, fatto di relazioni, stimoli culturali e ritmi urbani che alimentano l’osservazione e la creatività.
Buenos Aires è un esempio interessante di destinazione adatta alla workation non perché “semplice” o “esotica”, ma perché grande, stratificata e multiculturale, al pari di metropoli come Londra o Parigi. È una città in cui si incontrano persone, lingue e background diversi, e dove il lavoro si intreccia naturalmente con la vita culturale, sociale e creativa.
I must-have di una destinazione workation-friendly
- Infrastrutture diffuse
Connessione stabile, coworking, caffè attrezzati e spazi pubblici vissuti. - Una dimensione urbana ampia e multiculturale
Le grandi città favoriscono l’incontro tra professionalità e culture diverse, creando contaminazione e confronto continuo. - Ecosistema culturale attivo
Librerie, eventi, fiere, musica, architetture e spazi creativi che diventano parte integrante della quotidianità lavorativa. - Accessibilità economica relativa
Per molti professionisti europei, il costo della vita a Buenos Aires risulta più sostenibile rispetto ad altre grandi capitali internazionali, rendendo possibili soggiorni medio-lunghi senza i costi proibitivi. - Comunità internazionale di professionisti
Freelance, creativi e lavoratori da remoto che condividono spazi, esperienze e pratiche di lavoro simili.
Accanto a questi aspetti positivi, esistono anche criticità strutturali, comuni a molte destinazioni workation. Una delle principali è il fuso orario: lavorare con team o clienti basati in Europa implica uno scarto temporale significativo, che richiede adattamento e una gestione consapevole dei tempi per evitare sovrapposizioni e sovraccarichi.
Esperienze come la FIT – Feria Internacional de Turismo de América Latina mostrano con chiarezza il valore di questi contesti: luoghi in cui culture, linguaggi visivi e narrazioni territoriali si incontrano, offrendo a chi lavora nella comunicazione e nel destination marketing un osservatorio privilegiato.
È in questa contaminazione che la workation esprime il suo potenziale più autentico: raccogliere stimoli dal territorio, viverli in prima persona e trasformarli in progetti più profondi e consapevoli.


Uno sguardo dal destination marketing
Per chi, come noi di HappyMinds, opera nel destination marketing, la workation è una lente nuova: parla di un viaggiatore che non è solo turista, ma abitante temporaneo, curioso e rispettoso.
Perché quando cambi scenario, cambia il modo in cui pensi, ascolti e crei.
In fondo, la workation cambia gli orizzonti e ricorda che il lavoro può essere compagno di viaggio, non limite. Ho imparato che la distanza non è assenza, ma prospettiva. Che ogni luogo può diventare casa, se sa accogliere chi arriva per restare un po’ più a lungo, con il cuore e con il Wi-Fi.
A volte, basta riconoscere che il lavoro può seguirti nei luoghi che ti fanno stare bene e diventare parte di quella felicità.
E tu, cosa ne pensi?
La workation è già parte del tuo modo di lavorare e viaggiare o lo immagini come il prossimo passo? Scrivici, raccontaci la tua esperienza o la tua idea di “lavoro felice”.
🦩Disclaimer: Questo contenuto è ideato da Selene Fiorino, illustratrice e graphic designer di HappyMinds, e realizzato con il supporto dell’intelligenza artificiale.


