Follow/Unfollow: perché abbiamo un rapporto conflittuale con gli influencer

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Qual è la prima emozione che provate se sentite la parola “influencer”?
Invidia, indifferenza, disprezzo, senso di superiorità sono alcune delle risposte più gettonate, almeno secondo la mia esperienza. In alcuni casi si manifesta addirittura il sentimento dell’odio, trasformando alcune tipologie di utenti in veri e propri haters. Ma per quale motivo nell’opinione pubblica gli influencer hanno una cattiva reputazione? Siamo sicuri di conoscere davvero questa professione?

Perché non amiamo gli influencer

Il motivo principale, che accomuna gli influencer ai personaggi pubblici in generale, è che siamo invidiosi. Sì, perché il successo, il denaro e la popolarità sono ambizioni insite in ognuno di noi, e vengono fuori quando vediamo qualcuno che le ha raggiunte.
L’invidia per gli influencer è amplificata da alcune particolarità di questo mondo:

1. I programmi trash

L’appellativo di influencer viene associato spesso al mondo dei personaggi emersi grazie ai programmi TV considerati “trash”. Li invidiamo perché siamo abituati a pensare che questi programmi siano scorciatoie per diventare famosi senza necessariamente avere talento. E questo ci porta al secondo punto.

2. Dal web alla scrittura…

Molte influencer, in gran parte provenienti dai programmi di cui sopra, hanno raggiunto una popolarità tale da potersi permettere di scrivere e pubblicare libri autobiografici. E se un libro raggiungesse il primo posto nella classifica dei più venduti in Italia? Sì, è successo.

 

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I libri delle influencer Chiara Ferragni, Annie Mazzola, Giulia De Lellis, Valentina Dallari, Chiara Biasi e Veronica Benini

 

3. …e al grande schermo

E se ciò non bastasse, c’è un caso in Italia in cui una nota influencer è sbarcata anche al cinema con un documentario sulla sua vita e sulla sua carriera. Inammissibile, vero?

4. Improvvisazione e formazione

Ma il peggio è arrivato quando anche la gente comune ha iniziato a guardare alla figura dell’influencer come un possibile sbocco professionale: una facile via d’accesso alla popolarità, al successo e al denaro facendo azioni semplici e piacevoli. Qualche mese fa le cose sono diventate ancora più semplici: è nato il primo corso di laurea in “Influencer”!

 

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Il primo corso di laurea per diventare influencer dell’Università e-Campus

 

Perché li seguiamo

Nonostante tutto, continuiamo a seguirli e a interagire con i loro contenuti. Sì, perché se gli influencer continuano a lavorare e ad avere successo è grazie al fatto che riescono a costruire community solide e attive. E ognuno di noi decide di far parte di una community solo se è interessato a quell’argomento e se crede che quell’influencer sia davvero ferrato e affidabile. Chiara Ferragni è riuscita a proiettare nelle sale italiane il documentario che porta il suo nome perché per anni ha lavorato bene, partendo da un blog fino a creare una linea di abbigliamento e shop fisici e online. Il libro di Giulia De Lellis (che ha ammesso serenamente di non aver scritto di suo pugno) ha venduto così tanto dopo che è riuscita a costruire una solida community. Sì, l’ha fatto apparendo in TV, ma è stata una scelta ponderata e basata sul fatto che lì avrebbe trovato e rafforzato la sua community.

Ma facciamo un passo indietro. A volte non ce ne accorgiamo, ma stiamo seguendo un influencer ogni volta che interagiamo con i contenuti di qualcuno che, in qualche misura, ha un’influenza su di noi. Non solo ex tronisti che promuovono creme viso al profumo di cocco e barrette proteiche, quindi.
Il travel blogger che ci fa sognare di andare alle Bahamas o che ci dà uno spunto su dove mangiare bene a Napoli, l’amica di amici che indossa quella giacca che cerchiamo da tanto, lo YouTuber che ci fa scoprire un mobile che starebbe bene a casa nostra.

Perché continueremo a seguirli

Sebbene ci sia e continuerà a esserci uno zoccolo duro di influencer “di massa”, che a volte possono combaciare con i top, abbiamo assistito alla crescita dei micro e dei nano influencer.
Ora la prospettiva si sta restringendo ancora di più e sono i brand stessi che cercano ambasciatori tra le persone comuni, quelle che magari hanno pochi follower ma un fortissimo legame con ognuno di loro: pronti ad assistere alla ribalta degli organic influencer?

 

Michele Santoro

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Michele, Project Manager, Copywriter & Strategist di Happy Minds, è specializzato nella gestione di progetti di marketing in particolare per il turismo e le destinazioni, e nello studio di verbal identity e strategie di content marketing.

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