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Happy Culture. Arte, musei, cultura e felicità sono valori collettivi

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Happy Culture. Arte, musei, cultura e felicità sono valori collettivi

Cecilia Pedroni

Tempo di lettura: 4 min

Ormai un anno fa scrivevo di Familiar Stranger – dopo uno degli ultimi eventi mondani cui ho partecipato prima di lockdown e zone colorate, durante l’edizione 2020 di Artefiera – ovvero di come condividiamo spazi fisici e virtuali con perfetti sconosciuti e sconosciute, che sui treni e le metro, nei bar come nei contesti dei social media e nei gruppi web, diventano i nostri familiar stranger quotidiani.

Un concetto che ripreso oggi, nel contesto in cui stiamo vivendo, meriterebbe una ulteriore analisi, su come questi stranger oggi siano ancora parte della geografia del nostro quotidiano, ma questa è un’altra storia. Infatti ciò che mi ha ricondotta a questo articolo è proprio l’aspetto narrativo collettivo, e i dati che dalla mia analisi erano emersi, ovvero il fatto che le percentuali di utenti che utilizzano i social media per condividere esperienze, luoghi, narrazioni, arte e cultura sono in costante crescita, ma dato ancora più interessante il 92% delle persone è influenzata positivamente dai content creators che segue in relazione alla scelta di mete da visitare, posti da vedere, libri da leggere e contenuti culturali.*

Quando mi hanno chiesto di partecipare ad un talk per MUS.E Firenze, su musei, Influencer e cultura, in virtù del lavoro che da tanto l’agenzia Happy Minds sviluppa con destinazioni, eventi e musei, mi sono stupita di quanti progetti, negli ultimi 5 anni, fossero riconducibili a promozione culturale o museale, realizzata con il contributo dell’Influencer Marketing, senza che li avessimo etichettati in questo modo, e mi sono resa conto di quanto ogni polemica nata in questi ultimi mesi fosse più legata ai soggetti coinvolti che non al modello di comunicazione.

Si è parlato moltissimo del caso Ferragni agli Uffizi o nel tour pugliese fatto durante l’estate, ma è solo una delle ultime, in ordine temporale, di tantissime macro e micro operazioni legate alla promozione di arte e cultura con influencer e testimonial più o meno ingaggiati.

 

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Ci sono stati i the Jackal per il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, nel 2018, o il progetto realizzato per la Card Musei di Bologna con Luis Sal, e ancora la campagna di promozione digitale “Estate nei borghi” realizzata da Touring Club, con il “Megatour” di due influencer d’eccezione: Cristina Fogazzi, alias L’Estetista Cinica, e Paolo Stella la scorsa estate.

Se nel caso dei The Jackal non ci sono state polemiche o lamentele di sorta per i canali e i format scelti, negli altri casi ci sono stati schieramenti di ogni sorta, dai puristi dell’arte che hanno gridato all’invasione barbarica potenzialmente innescata da Ferragni, Fedez o Luis Sal, agli esperti comunicatori che hanno messo in discussione i risultati sul medio lungo periodo di operazioni di influencer marketing nella cultura, soprattutto sulla GenZ (Generazione Zeta).

Le stesse valutazioni però non le ricorda nessuno di noi sulle foto della Casa di Papel con il Professore e Berlino fotografati a Firenze, sempre agli Uffizi, o su Julia Roberts quando fece un post durante la sua visita al Vittoriale degli Italiani nel 2018.
Happy Minds dal canto suo, fa della condivisione della felicità la propria cifra stilistica, basando il proprio posizionamento sull’assunto che contenuti felici fanno progetti felici, che creano a loro volta, destinazioni, prodotti e clienti altrettanto felici, e non può che schierarsi con chi immagina un futuro in cui i content creators rappresentino uno dei tanti canali di condivisione di tale felicità, in ambito culturale come artistico. Soprattutto in un momento in cui il rilancio non è solo ambito ma necessario, e a stimolare la curiosità e l’interesse di giovani e adulti sono proprio gli strumenti digital e le comunità che si creano all’interno di essi, se di milioni di curiosi anche solo il 10% comprerà un biglietto per una experience virtuale o una visita reale non sarebbe già una vittoria, auspicabile sia per i difensori della cultura tout court, sia per chi vuole misurare il risultato di tali operazioni?

 

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Il lavoro di concerto può davvero, secondo noi, muovere numeri e produrre risultati inaspettati. Parliamo di un lavoro costante e continuativo fatto da influencer con audience differenti per dimensione e tipologia**, radicati sul territorio unito a momenti di grande visibilità creata da Vip e Testimonial come nei casi citati, e a una quotidiana narrazione da parte di Musei, Eventi e attori della filiera artistico-culturale, che sempre più si stanno adeguando ai nuovi canali comunicativi con soluzioni creative, ispirate e multimediali (come nel caso del Museo Nazionale di Taranto), per cominciare da casa la nostra esperienza da visitatori.

[**è il caso di Manuela Vitulli, e Marika Marangella per la narrazione della Puglia, MiprendoeMiportoVia che usa il viaggio come tramite per parlare di Reggio Emilia durante festival come Fotografia Europea o Restate, Caterina Stringetta e il suo The ART Post Blog, o Benedetto de Maio che dalla cattedra scolastica passa ai social media per vivere, raccontare e condividere l’arte, e molti altri].

Del resto…

La buona arte è quella che ti lascia entrare da tante angolazioni diverse e uscire con tante prospettive diverse.
Mary Schmich, giornalista statunitense e vincitrice del Premio Pulitzer

 

* Talkwalker Influencer’s trend 2020

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Written by:

Cecilia, Creative Director di Happy Minds, è consulente, formatrice e strategist nell’ambito della comunicazione digitale. Si occupa di ideare e coordinare progetti di digital marketing con particolare attenzione a social media, editoria digitale, influencer marketing e digital PR.

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