Clubhouse: 5 motivi per cui l’audio salotto ha stregato il mondo

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Clubhouse: 5 motivi per cui l’audio salotto ha stregato il mondo

Cecilia Pedroni

Tempo di lettura: 5 min

Il mondo, non il web, avete letto bene, perché stavolta parliamo di audio fruiti attraverso una App mobile che sembra aver risvegliato anche i più scettici del networking.
Una radio in cui puoi scegliere il palinsesto, ma anche una forma di network fruibile sia in modo passivo, da ascoltatore, sia in modo attivo da speaker, chiedendo la parola, partecipando ai talk e organizzando stanze, Club o collaborazioni con chiunque sia all’interno della applicazione.

Ma facciamo un passo indietro.

Clubhouse e le sue funzionalità sono state spiegate da moltissime e autorevoli fonti, che vi invito ad approfondire, ma se dovessi descriverla in poche righe di fatto stiamo parlando di
un’app — attualmente solo per sistemi iOS, ovvero Iphone — che permette di creare stanze tematiche (rooms) e avviare conversazioni. Si accede solo su invito, quindi devi conoscere qualcuno che è già dentro e che, tramite il numero di telefono, ti abiliti inviando un invito via SMS – sì ho scritto proprio SMS e non chat.

A dirla tutta ricorda molto, per chi come me ha vissuto la seconda giovinezza del clubbing anni ‘80/’90, il modello delle liste, dove ogni locale ne aveva diverse e di differenti provenienze, estrazioni sociali e di contesto, e dove persone “introdotte” nel giro lasciavano il tuo nome, il che ti garantiva un ingresso, e la possibilità di estendere a un +1 o +2, che aumentavano nel tempo in base all’escalation della tua posizione in quella particolare lista.

Quello che mi sono chiesta dopo qualche giorno di frequentazione è: quali sono le 5 cose che mi hanno davvero colpita di questo social media, network vocale, e che mi hanno fatto pensare che possa davvero esserci un futuro oltre i prossimi 90 giorni?

1. Let them in!

Come cita la schermata della app quando qualcuno è in lista di attesa per essere fatto entrare. Ovvero, la capacità di creare attesa e desiderio, come non succedeva da anni, per poter essere parte di qualcosa e per poter fruire di contenuti che sono esclusivi. La campagna di lancio, e il relativo modello ad invito, ha generato hype e curiosità agendo sul principio di scarcity, oltre che una vera e propria gara, transgenerazionale, per esserci. Risultato: nipoti fatti accedere dalle zie, stagisti che hanno invitato “boss” senza vincoli di condivisione di spazi o contenuti, a meno di un reciproco interesse per una room o un club.
Voto 9

Black Queens matter clubhouse room

2. Join the Club

Entrare a far parte di qualcosa cui dai valore, che ti interessa, l’attesa per l’accettazione e il senso di appartenenza. Manca la socialità, manca a tutti o quasi, quel senso di fare parte di qualcosa che non viene dal pre-Covid19 ma è qui e ora, innesca un’emozione che ho sentito manifestare da tante persone con cui ho parlato, me compresa. Diciamolo, quando Black Queens Matter mi ha accettata, ed ero l’unica white lady tra migliaia di Black Sista, il mio cuore ha saltato un battito, e per un momento mi sono sentita sulle strade con loro, a gridare Every life matters!
Voto 8 ½

3. No Vanity, Yes Contents

In poche parole, no foto, no video, solo voce e cervello, un programma di crescita e affiliazione e remunerazione per i creators, per premiare la strategia, la creatività e l’engagement già in fase di attivazione, e un programma in beta negli USA per rendere alcune Room a pagamento in base al loro standing, ai partecipanti e al brand che le sponsorizza. Quindi no ADV audio, ma audio branded contents. I podcast ci provano da anni, e con fatica ce la stanno facendo. Qui l’attesa sarà decisamente più breve. Devo aggiungere altro?
Clubhouse ambisce ad essere uno spazio generativo, con la possibilità di seguire solo cose ritenute rilevanti, uscire dalla “bolla” dei propri contatti ed esplorare argomenti e tematiche di reale spessore, basate sui propri interessi e le proprie passioni. In relazione agli ultimi cinque anni sui social media, una specie di miracolo. Ovvio che c’è tanto spazio anche per autoreferenzialità, contenuti copypast e conversazioni tutt’altro che pacate ed educate, ma c’è di bello che qui se non vuoi seguire questo tipo di contenuti o di “Guru di qualcosa”, puoi semplicemente sapere che ci sono e ignorarli; passare oltre a una stanza che fa per te.
Voto 10 (o più semplicemente grazieeeeeee)

4. Deal?

Ti do i Club ma devi garantire impegno e un palinsesto altrimenti fatti una room e lascia i Club a chi ha deciso che siamo la sua nuova casa digitale. Se provate a richiedere l’apertura di un Club, il form vi richiederà almeno 3 appuntamenti settimanali, quanto basta per far demordere chiunque non abbia intenzioni serie in termini di content creation. Indubbiamente sfidante come approccio, ma del resto se vuoi qualità nel pubblico e nell’offerta – come nelle disco sopracitate – devi fare selezione all’ingresso, senza alcuna discriminazione ma con un criterio che sia legittimato e socialmente condivisibile.
Voto 9

5. Social Closeness VS Physical Distancing

Forse il momento storico, forse il periodo, forse la voglia di vicinanza sociale, coadiuvata dal distanziamento fisico imposto, ma il calore delle voci, la concentrazione sulle parole, sull’ascolto, creano una vicinanza tipica della radio e dei podcast, che il video per me non ha e non ha mai avuto. Apre all’immaginazione, accende flussi di pensiero e fa scaturire connessioni.
Del resto, la mia tesi di laurea è sulla radio e le sue evoluzioni, sono di parte lo ammetto.Clubhouse schermata start a new room

Voto 8

Un modello narrativo che definirei persona-centrico, insomma, dove il Prosumer* di Toffler, che apre room, crea club e contemporaneamente è spettatore di altrettanti talk e contenuti, convive con la Modernità Liquida di Bauman, che cancella ogni audio al termine della sessione, pena il “ban” dalla piattaforma stessa, ad eccezione dei Club, che però non possono comunque diffondere gli audio esternamente, rendendo il tutto molto esclusivo e legato a una sorta di Hic et Nunc, misto al Carpe Diem**. Puoi quindi farne parte se scegli di esserci e puoi essere parte attiva con un contributo che ti impegna verso la community che ha scelto di seguirti.
Del resto, non era questo l’obiettivo di qualunque social al momento della sua nascita?

Ora vedremo se Clubhouse saprà mantenere e rinnovare la promessa. Per il momento credo debba prendere dei nuovi server (sono down almeno due volte al giorno, e la scusa “non ce lo aspettavamo” non la accetta più nemmeno la nonna), ma qualche giorno di assestamento, come a tutte le cose che decidiamo piacerci, siamo disposti a concederlo 😉

 

FONTI
*Wikipedia – Nel 1972, Marshall McLuhan e Barrington Nevitt suggerirono nel loro libro Take Today, che con la tecnologia elettrica, ogni consumatore sarebbe diventato un produttore. Nel libro, The Third Wave, del 1980, il futurologo Alvin Toffler coniò il termine “prosumer” quando predisse che i ruoli di produttore e consumatore avrebbero cominciato a fondersi e confondersi.
Modernità liquida – Zigmun Bauman
** Qui ed ora – Cogli l’attimo

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Cecilia, Creative Director di Happy Minds, è consulente, formatrice e strategist nell’ambito della comunicazione digitale. Si occupa di ideare e coordinare progetti di digital marketing con particolare attenzione a social media, editoria digitale, influencer marketing e digital PR.

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