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Art Director VS Copywriter: immagini o parole?

Branding

Art Director VS Copywriter: immagini o parole?

Redazione HappyMinds

Tempo di lettura: 4 min
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Art Director VS Copywriter: immagini o parole?

Redazione HappyMinds

Tempo di lettura: 4 min

Nel linguaggio da agenzia rappresentano la “coppia creativa”. Sono il copywriter e l’art director, quello che scrive e quello che disegna, quello che comunica con le parole e quello che ragiona per immagini. Sono coloro che, tra riunioni infinite e bisticci vari, danno forma alla brand identity.

In Happy Minds, stufi di sentire le loro infinite telefonate e le loro puntigliose discussioni abbiamo deciso di metterli faccia a faccia e fare chiarezza una volta per tutte. Nel processo di branding deve avere più importanza la Visual Identity o la Verbal Identity?

Ciao! Presentatevi.

M: Sono Michele Santoro, Copywriter di Happy Minds.
F: Francesco Cusimano, Art Director di Happy Minds.

Immagini o parole: cos’è la cosa più importante nella comunicazione?

F: Ovviamente immagini. Analizziamo un attimo la comunicazione di un qualsiasi brand di lusso. Guardiamo il visual e subito capiamo il valore del brand. Tipo: mi fermo per strada a guardare una vetrina di un’orologeria, guardo il logo in oro o in metallo e poi guardo i prodotti in vetrina. Senza bisogno di parole so già che vendono oggetti di un certo valore, non credete?

M: Parole, senza dubbio. Prendiamo l’esempio fatto da Francesco, ho davanti a me due vetrine. La prima è super raffinata con il nome del brand dorato e in bella vista: leggiamo subito l’insegna e c’è scritto “L’ora degli orologi. Il tuo amico orologiaio”. La seconda è molto più sobria con il solo nome scritto in metallo: “Tissot. Switch watches since 1853”. Sicuri di preferire la prima?

Quindi viene prima il naming o il logo?

M: Il naming è il processo di costruzione del nome di un’azienda, di un prodotto o di un servizio. Deve incarnare i valori del brand oppure può essere totalmente inventato, l’importante è che chi lo legge possa associarlo a qualcosa di piacevole per sé. Non è un caso se è la prima cosa da decidere quando si fonda un’azienda.

F: Parliamo seriamente, la visual identity è importantissima per un’azienda ed è il primo approccio visivo che si ha con il target di riferimento. Ma non può esistere logo senza naming. Anche il logo, esattamente come il naming deve esprimere i valori del brand oppure può essere visivamente molto distante. La cosa bella del brand design è che nessuno ci vieta di fare un logo rosso (che di solito esprime passione, amore, emozione) per un brand tecnologico!

M: Certo, ma solo se decidiamo di adottare anche un tono di voce passionale ed emozionante.
F: Esattamente, ad esempio come ha fatto Adobe.

Quindi deve esserci equilibrio. Come fate a trovarlo quando progettate una campagna?

F: L’equilibrio? Dopo il brief, la fase di ricerca e un’accurata analisi dei competitors ci metto ore e ore per dare continuità alle due parole in croce che mi vengono scritte dal copywriter. Salvo quando quelle due parole diventano 100000 paragrafi e lo spazio per il visual è questo [ . ]

M: E quando invece dobbiamo comunicare decine di contenuti e tu prepari una grafica arzigogolata con il tuo amato e microscopico “Lorem ipsum”?

Quindi litigate spesso quando lavorate insieme?

M: Sì, costantemente.

F: No assolutamente, siamo un corpo e un’anima.

E se il copy interviene sulla grafica e viceversa?

M: Lo facciamo molto spesso. Devo dire, però, che tutte le grafiche di Francesco per me sono perfette, grazie alle mie indicazioni ovviamente.

F: È assurdo dirlo ma a mio avviso i nostri lavori più riusciti sono quelli che portano la firma di Michele per la creatività visiva e un po’ la mia per la creatività verbale. Questa risposta si autodistruggerà tra 5 secondi.

Quanto influisce la vostra personalità nel lavoro?

F: Se potessi rispondere per Michele direi che non ho ancora capito la sua personalità 😜  Per quanto mi riguarda è difficilissimo distaccarsi completamente, credo che anche facendo il possibile, un po’ di noi emerga sempre, solo che mi diverto a nasconderlo. Un esercizio utile in fase di riunione potrebbe essere il metodo del pensiero laterale di De Bono del libro “Sei cappelli per pensare”.

M: Diciamo che in questo mondo abbiamo tutti personalità multiple. La cosa più complicata è proprio immedesimarsi nell’identità del brand e uno dei miei metodi preferiti per farlo è “personificare” l’azienda. Ad esempio se un’azienda tanto creativa quanto saccente fosse una persona sarebbe senza dubbio Francesco.

Un brand che secondo voi ha il perfetto equilibrio tra verbal e visual identity?

M: Amazon, nonostante l’icona pseudo-fascista che ha partorito qualche settimana fa. Da sempre tra i suoi valori fondanti c’è la cura per l’esperienza del cliente. Stile visivo pulito e affidabile e tono di voce chiaro e premuroso. Un’identità così forte che con quella voce ci parlo ogni giorno. “Alexa, spegni l’art director”.

F: McDonald’s, amo veramente tutto di questo brand. Guardi il visual delle campagne e resti affascinato dalla creatività, guardi soltanto i colori di un cartellone pubblicitario e capisci che è il loro, odori o assaggi un panino e lo riconosci subito, leggi il testo di una campagna e ti colpisce subito. Unica pecca… i panini 😁

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Quindi in soldoni: visual identity o verbal identity, cos’è più importante per un brand?

F: Sarebbe come chiedere a un siciliano come me: “sole o mare, qual è più importante per te?”. Sono entrambi fondamentali e per un siciliano uno non può escludere l’altro.

M: La cosa più importante è la sua essenza. Parole e immagini sono come dei vestiti, che noi dobbiamo essere bravi a scegliere affinché chi inciampa nei contenuti del brand carpisca la sua vera identità.

Un consiglio per i lettori?

M: Dedicate quanto più tempo possibile alla definizione dell’identità visiva. Se avete fondato un’azienda e il vostro brand designer sta progettando il logo, lasciate perdere il vostro colore preferito e i simboli che vi piacciono di più. Il suo lavoro è al 90% ricerca e studio, perché l’identità stessa del brand emerga e possa dar vita al logo.

F: Non tralasciate mai l’identità verbale. Se un copy è scritto male, neanche il miglior visual al mondo potrebbe compensare la scarsa efficacia del messaggio. Se un copy è perfetto e il visual è solo una raffigurazione asettica del messaggio scritto e non un connubio di entrambi, la resa sarebbe ugualmente pessima.

 

Francesco Cusimano
Michele Santoro

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Beh, chi pensavate che fosse la redazione? Buste paga, scrittura degli articoli, lavaggio dei piatti in pausa pranzo: penso a tutto io. Sono il vero boss di Happy Minds!

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