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Come (non) si crea un Tono di Voce

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Questa è una breve guida per imparare a non costruire un tono di voce aziendale. Vi chiederete perché dovreste imparare come non si fa qualcosa.
La risposta è un mantra sempreverde che ci ripetono dall’infanzia: sbagliando s’impara.

Se continuiamo ad imparare e migliorare è grazie agli errori, i nostri e quelli degli altri.
Con qualche esempio vedremo come con semplici accorgimenti ed evitando pratiche comuni (troppo comuni, direi) si possono fare grandi passi per costruire un tono di voce autentico ed efficace.

Cos’è il tono di voce

Il tone di voce, che forse avrete conosciuto come tone of voice – sì, parleremo anche degli inglesismi – è la parte visibile, leggibile e udibile dell’identità di marca. Come dice Valentina Falcinelli in Testi che parlano, il tono di voce non riguarda cosa la nostra azienda comunica, ma come lo comunica.
Il tono di voce definisce la percezione che le persone hanno del brand in termini di carattere e identità.

Come non si costruisce un tono di voce

Pensateci un attimo. Siamo sommersi tutti i giorni da contenuti di ogni tipo: pubblicità in tv, post sui social, newsletter, immagini, video, ecc. Ma a fine giornata, quanti contenuti ricordate?
Se la risposta è “pochissimi”, molto dipende dal tono di voce che i brand hanno deciso di adottare. O meglio, dipende dal fatto che hanno deciso di non definirne uno proprio ma hanno abbozzato un tono di voce prendendo spunto qua e là.
Per capire di cosa sto parlando, ecco alcune pratiche diffuse da adottare solo se fanno parte della vostra identità.

Il burocratese

“Con la presente sono a inviare in allegato i materiali richiesti”

Quante volte avete ricevuto un testo simile? Il burocratese è il linguaggio più lontano dal parlato. Ma l’obiettivo della comunicazione è farci capire dalle persone, quindi parliamo come mangiamo!
Per posizionarsi come un brand prestigioso e autorevole non è necessario ricorrere a paroloni incomprensibili e sintassi elaborata.

Anglicismi

“I must have più cool dell’estate: enjoy!”

Noi italiani siamo spesso restii a usare la nostra lingua. Negli ultimi anni la lista di parole inglesi entrate nel vocabolario comune si è allungata a dismisura.
Sostituire random a casaccio parole italiane con parole inglesi nei testi aziendali non è una buona idea. Oggigiorno si vede così spesso che – OMG!non è una pratica che differenzia i brand. E poi la lingua italiana è così vasta, impegnamoci a scoprirla!
Se invece l’uso dell’inglese fa parte del tono di voce del vostro brand, ben venga.

Nominalizzazione Nominalizzare

“La realizzazione di un nuovo sito web permette l’acquisizione di potenziali clienti”

Niente di strano, no? Siamo così abituati a questa pratica che ci sembra assolutamente sensata. Ma leggete qua: “Realizzare un nuovo sito web permette di acquisire potenziali clienti”. Non è molto più diretto e accattivante? Trasformare i verbi in sostantivi è un processo, spesso inconscio, che ci dà l’idea di sembrare più autorevoli. In realtà, però, sembriamo solo più distanti.

Una valanga di emoji

“😂💔👍😱”

Le emoji sono entrate nel nostro modo di comunicare con amici e parenti. Quindi perché non riempire i post Facebook della nostra azienda con simpatiche faccine gialle, lasciando a loro il compito di esprimere le emozioni che non riusciamo ad esprimere con le parole?
Beh, direi che ho già risposto: prima il testo, poi, se aggiungono valore, le emoji (con parsimonia 😜).

Real-time marketing

Ma quanto è figo creare contenuti divertenti sulle cose di cui parlano tutti? Molto, ma solo se l’ironia fa parte del DNA del nostro brand e se il contenuto è in linea con i valori!
Quanti post di aziende avete visto sull’ottava stagione di Game of Thrones? Quanti a tema Stranger Things?
Se non ne ricordate neanche uno, vuol dire che le aziende non hanno saputo usare la leva del real-time marketing oppure che hanno scritto con un tono di voce che non era il loro.

Dai un tono ai tuoi testi aziendali!

Queste 5 pratiche non sono da bandire da ogni testo aziendale, anzi!
Si possono utilizzare e possono essere anche molto valide, ma solo se fanno parte del tono di voce che avete definito per la vostra azienda.
Sono invece da bandire se non avete mai definito un tono di voce, perché rischiereste di finire nel calderone di brand senza personalità.

Costruire un tono di voce è un processo che richiede tempo, energie, competenze e risorse che non tutte le aziende hanno.
Ma per non finire nel calderone di cui sopra, è sufficiente fermarsi qualche momento a pensare: chi siamo? cosa facciamo? qual è la nostra personalità? come vogliamo parlare?

Una volta che saremo sicuri della nostra identità, basterà metterla nero su bianco.

Michele Santoro

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Michele, Project Manager, Copywriter & Strategist di Happy Minds, è specializzato nella gestione di progetti di marketing in particolare per il turismo e le destinazioni, e nello studio di verbal identity e strategie di content marketing.

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